In un anno e mezzo di restrizioni legate alla pandemia Covid19, molti sono passati prima al Remote Working e successivamente all’Hybrid Working, ossia, a un mix di attività svolte in presenza fisica e in connessione da remoto (Lavoro Ibrido).
Come ha dimostrato il recente Twitter Hack del 15 luglio, uno degli attacchi cyber più gravi degli ultimi anni al social network, durante il quale gli hacker hanno preso possesso di 130 account di personaggi famosi inviando messaggi fasulli a milioni di follower, il furto di credenziali è oggi una delle tecniche più spesso utilizzate per condurre gravi attacchi informatici. Nel caso specifico del Twitter Hack, violando un pannello amministrativo interno, gli hacker sarebbero anche riusciti a disabilitare l’autenticazione a due fattori degli utenti e a modificare la mail per il recupero delle credenziali. L’ennesimo segnale che l’utilizzo di userid e password come metodo di autenticazione è ampiamente superato nel mondo digitale di oggi.
Dall’inizio dell’epidemia Covid-19, tutte le aziende si sono trovate nella situazione di dover far fronte a una crisi molto grave, che ha avuto impatti diretti sulla stessa continuità del business, e a cui tutti hanno risposto con procedure d’emergenza. Misure specifiche per la protezione sanitaria della forza lavoro (come mascherine e guanti), distanziamento sociale, barriere in plexigas nei luoghi di contatto con il pubblico, e soprattutto, aspetto che è diventato prioritario per tutti a partire dal lockdown generale di fine marzo, operatività da remoto. Oggi tutti parlano di Smart Working, ma vista la situazione, in realtà sarebbe meglio parlare di Remote o Home Working.
Nel mondo delle web conference, oggi di gran moda per tenere in contatto persone che collaborano o si incontrano da remoto, non solo i servizi sono gratuiti. Anche le credenziali rubate dagli hacker sono rese disponibili quasi gratis nei mercati underground, come successo di recente con 530mila credenziali trafugate da utenti Zoom e distribuite online (dati comprensivi di personal meeting URLs e Zoom host keys).
Da quando il cyber crime ha cominciato a sfruttare la pandemia in corso, più o meno da metà febbraio, si è osservata una rapida evoluzione delle tecniche utilizzate oltre che una grande crescita delle attività criminali. Oggi i criminali informatici stanno sfruttando numerose nuove opportunità collegate all’emergenza da Covid-19 che ci troviamo tutti a vivere, e se non siamo attenti a prevenire gli impatti, i danni potrebbero crescere ulteriormente.
Nelle ultime settimane si sono moltiplicate le preoccupazioni intorno alle pratiche a dir poco “sportive” adottate da Zoom, provider di servizi di videoconferenza e collaborazione online, in tema di sicurezza, risoluzione di vulnerabilità e facile gestione dei dati personali degli utenti. Andiamo per ordine.
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La diffusione pandemica del Coronavirus sta comportando non pochi problemi. Tralasciando il discorso legato all’emergenza sanitaria, che sta mettendo o metterà a breve in crisi tutti i sistemi di risposta all’avanzamento del contagio di intere Nazioni, dal punto di vista di aziende e cittadini, il problema nel breve periodo sarà come assicurare la continuità operativa, preservando l’esigenza di isolare le persone per evitare la diffusione del virus.