I professionisti della Business Continuity si trovano in questo momento a dover gestire un’emergenza senza precedenti: serve capire come mitigare gli effetti della pandemia nel breve e nel lungo termine, come garantire sicurezza e risposta alle richieste del personale. Il Business Continuity Institute (BCI) ha pubblicato i risultati del “Coronavirus Organizational Preparedness” Report, presentando come oggi si sta procedendo ad affrontare le diverse problematiche, con un focus particolare sulle misure organizzative e sulle soluzioni tecnologiche messe in campo da organizzazioni di tutto il mondo.
“Siamo solo all’inizio della battaglia contro il Coronavirus. Le strategie e le soluzioni di Business Continuity contro l’emergenza da Covid-19 saranno sotto test nei prossimi mesi come mai avvenuto prima. Il nostro ruolo, in quanto esperti di Business Continuity, è quello di considerare la sostenibilità delle misure che le nostre organizzazioni stanno implementando, in modo che siano perseguibili anche nel lungo termine” ha commentato Tim Janes, Chair del BCI, presentando i risultati dell’analisi. “Siamo consapevoli che molte realtà si sentono “vulnerabili” nei confronti di questa pandemia: spero che la condivisione di questi risultati sulle reali azioni intraprese dalle organizzazioni serva a fornire conoscenza e garanzie, oltre che a smuovere ambiti su cui ancora in molti bisogna lavorare. Non c’è davvero tempo da perdere”.
L’indagine, che ha raccolto le risposte di 638 aziende di tutte le dimensioni, di 20 diversi settori e presenti in 73 paesi (per la maggior parte dall’Europa (53%) e dagli USA (16%) e a seguire gli altri continenti), dimostra che in tutto il mondo le aziende hanno già in molti casi un piano di risposta nel caso in cui a una persona dello staff sia diagnosticato il coronavirus (69,7% delle risposte).
Due aziende su tre inoltre hanno già introdotto policy per permettere allo staff in quarantena di lavorare da casa, e altrettante hanno permesso ad alcune persone di lavorare da casa. Anche considerando le realtà in cui la presenza sul posto di lavoro è obbligatoria, in molte aziende (39% dei casi) si è optato per una riduzione delle presenze di tutti i lavoratori nelle sedi.
Qual è oggi la diffusione dello Smart Working? In realtà non molto elevata, considerando che solo il 47,3% delle aziende intervistate sta permettendo a TUTTO il personale di lavorare da casa, nonostante il settore che conta il maggior numero di risposte sia quello dei servizi. Ma, considerando che in molti Paesi vengono chiuse le scuole, è confortante il fatto che il 58,6% delle aziende permetta di lavorare da casa allo staff con bambini.
Valgono per tutti i divieti di viaggio internazionali
La maggior parte delle organizzazioni (77,8%) ha provveduto a stabilire divieti per viaggi internazionali. Del resto, in sempre più Paesi questa è una decisione imposta dai governi. La stessa misura della quarantena preventiva, per cui devono rimanere a casa minimo 1 settimana i lavoratori che tornano da un viaggio all’estero in Paesi a rischio (prevista ad oggi dal 77,4% delle aziende) potrebbe presto diventare obsoleta. Diminuiscono al 67% le aziende che pongono restrizioni anche a viaggi entro il proprio Paese (per meeting, eventi, ecc.), ma anche qui sono poi i governi a porre forti restrizioni, per cui, il tema non è tanto quello di porre dei veti, quanto piuttosto di aiutare le persone a trovare delle alternative e a permettere quindi il proseguimento delle attività.
Interessante la possibilità di abilitare maggiore flessibilità negli orari, e quindi di evitare i momenti di maggiore traffico sui mezzi di trasporto pubblico. Questa è stata sfruttata da una minoranza di aziende (31%). L’esperienza del nostro Paese ha messo però in evidenza il fatto che se l’epidemia evolve in modo molto rapido (come è successo appunto in Lombardia) in molti settori considerati non critici, le aziende non hanno neanche il tempo di considerare queste opportunità, in quanto sono gli stessi governi a sospendere le attività e tenere i lavoratori attivi solo dalla propria abitazione.
Grandi opportunità da un più diffuso utilizzo di piattaforme ICT
Nella gran parte delle aziende intervistate (l’87,4%), le riunioni sono state sostituite da incontri virtuali. Sebbene molte organizzazioni abbiano utilizzato questi ambienti da anni, per alcune realtà più piccole si tratta di un’importante novità. In alcuni casi, i servizi di web conference arrivano oggi gratuiti o comunque facilitati (ad esempio, quelli di Microsoft, Google, Slack, Zoom, Cisco e LogMeIn).
L’attenzione alla cybersecurity appare oggi molto elevata: il 78,5% delle organizzazioni si sono preoccupate che lo staff che lavora da casa abbia a disposizione un set minimo di misure di sicurezza, e il 64,9% ha rivisto le disposizioni in materia di sicurezza informatica per garantire che i sistemi rimangano sicuri in caso di ampia assenza del personale. Come raccomandato da più istituti deputati alla cybersecurity nazionale, servirebbe in questa fase investire in formazione delle persone per evitare che cadano nei tranelli del cyber crime, che purtroppo ha incrementato le proprie attività sfruttando la situazione di diffuso panico legato al Covid-19.
Piani di Business Continuity
Infine, in molte aziende (70,9%), sono stati attivati i team di Incident management e crisis management per essere pronti a gestire eventuali momenti di business disruption. Nel 69,2% delle aziende, anche i team di Strategic Crisis Management sono oggi al lavoro, come conseguenza della necessità di tener monitorata quotidianamente la situazione, sia a livello di scelte politiche del singolo Paese, sia per quanto riguarda l’evoluzione della crisi economica che viene oramai data per certa. Importante anche il fatto che il 60,9% delle aziende si sia interrogato su quanto sia sostenibile nel tempo la risposta alla Business Continuity che si è scelta in questo momento.
Accedi al “Coronavirus Organizational Preparedness” Report del BCI.