Si è trattato di un attacco hacker in piena regola: intorno alle ore 22 di venerdì 12 luglio, durante la semifinale della “Drone Race” ai Murazzi di Torino (una sorta di Champions League di questo sport, con vere e proprie gare di velocità e acrobazie) i piloti hanno perso il controllo dei propri veivoli. Nel frattempo, sui monitor è apparsa la scritta “I droni uccidono smetti subito”, per almeno 15 minuti, prima che gli organizzatori riuscissero a riprendere il controllo.
Durante questo lasso di tempo, che a chi assisteva è parso lunghissimo, i piloti hanno deciso all’unanimità di effettuare un atterraggio d’emergenza, tramite una procedura di riposizionamento automatico. Si è corso un rischio molto alto: i droni sarebbero potuti atterrare, senza controllo alcuno, anche sulla folla, rischiando di ferire gli spettatori. Mentre molti sono riusciti ad atterrare in sicurezza, un paio sono finiti nel fiume Po.
Per la seconda giornata della gara, sabato13, le misure di sicurezza sono state aumentate. Si è trattato quindi di un attacco dimostrativo, vissuto in diretta da circa 400 persone che assistevano alla gara, su cui ora indaga la Polizia Postale: le probabilità che si risalga agli autori del colpo sono basse.
Come è stato eseguito l’attacco hacker ai droni di Torino
I pirati informatici si sono introdotti nei sistemi tecnologici di gestione della gara, con un exploit doppio, che ha colpito sia la rete informatica dell’organizzazione, sia le trasmissioni radio utilizzate per il controllo di ogni singolo drone dal suo relativo radiocomando. La riproduzione del messaggio non autorizzato sul display del circuito sarebbe quindi frutto di una violazione della “regia informatica” che gestisce le immagini e il suono riprodotti dai maxi schermo. Si ipotizza invece che le comunicazioni radio con i droni siano state bloccate mediante l’utilizzo di un jammer, un dispositivo in grado di disturbare le frequenze radio fino ad un chilometro di distanza. Entrambe le attività rientrano nell’ambito dell’illecito, in Italia come in tutta la comunità europea.
Non è la prima volta che si sente parlare della possibilità di attacchi hacker ai droni (noi ne avevamo trattato a inizio 2016, nel Post “Minacce evolute: quale sicurezza per i droni?”), ma sicuramente si tratta di uno dei primi eventi che l’hanno portata a termine nella realtà.