Il Disaster Recovery e il Backup migrano al cloud

Il Disaster Recovery e il Backup migrano al cloud

Il Disaster Recovery e il Backup migrano al cloud

Il rapido cambiamento della strategia IT e la virata verso il cloud fanno sì che la protezione dei dati del business sia più che mai sotto pressione, per raggiungere nuovi livelli di semplicità, flessibilità, affidabilità e capacità di supportare la crescita dell’azienda.

Cosa cercano oggi le aziende dalle soluzioni di Data Protection?

La pandemia da Covid19 è stata il momento in cui accelerare i progetti di digitalizzazione e l’adozione del cloud, e anche un periodo in cui sperimentare un accresciuto rischio cyber. La crescita esponenziale dei dati da proteggere; l’esperienza diretta di incidenti con perdita di informazioni critiche; la maggiore familiarità con gli ambienti cloud: tutto porta oggi a modernizzare le soluzioni di Disaster Recovery.

Come emerge dal “2021 Data Protection Report” di Veeam, le aziende sono alla ricerca di soluzioni che offrano costi inferiori, automazione, visibilità, possibilità di riutilizzare i dati.

Il percorso verso il cloud e verso infrastrutture ibride, oltre che verso un maggiore utilizzo di software-as-a-service (SaaS) è oramai tracciato.

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In questo contesto, uno dei trend che osserveremo nei prossimi anni sarà una trasformazione delle soluzioni di Disaster Recovery verso l’adozione di soluzioni in cloud e di modelli di provisioning as-a-service (quello che già oggi viene definito come DR-aaS, Disaster Recovery as a service).

Qual è oggi l’incidenza dei problemi con i backup?

La realtà sulla disponibilità del dato è che oggi un livello elevato di aziende riporta problemi con i backup: in base ai risultati della survey, almeno un 23% dei server ha subito un’interruzione negli ultimi 12 mesi. In questi casi, poter disporre di backup integri è fondamentale. Il problema è che – secondo l’indagine – un 37% dei backup è stato completato con qualche errore, o non è avvenuto in modo appropriato. Anche il 34% dei Restore ha avuto problemi, e quindi in sostanza oltre la metà delle aziende (il 58%) non è stata in grado di ripristinare correttamente tutti i servizi.

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Gli impatti negativi delle interruzioni di servizio IT

Sempre secondo l’indagine di Veeam, la durata media dei downtime è stata di 79 minuti e il costo di 84.650 dollari all’ora. I downtime possono avere poi una serie di impatti negativi intangibili: al primo posto, per il 52% degli intervistati, una perdita di fiducia dei clienti, di integrità del brand (47%), una perdita di fiducia dei dipendenti (36%).

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Modernizzare la Data Protection

Con l’accelerazione verso il cloud e un’IT sempre più centrale per il business, è chiaro che anche le esigenze di Data Protection stanno cambiando. Cosa intendono oggi le aziende come “Strategia moderna di Data Protection”? quali sono le esigenze più sentite?

Il 38% dei rispondenti (delle 3mila organizzazioni contattate per la survey) valuterebbe molto bene la possibilità di accedere a un servizio di DR as-a-service. A seguire, per il 36%, una portabilità dei workload cloud da un provider all’altro (ad esempio da Amazon a Azure), la possibilità di automatizzare e orchestrare le attività di Recovery (35%) e un disegno integrato della data protection e della sicurezza (35%).

Altre esigenze sono spostare i workload da on-prem a cloud e la possibilità di “incorporare” le attività di backup e restore nel system management/nelle API.

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I backup migrano al cloud

Con riferimento alla situazione attuale dei backup, per il 40% avviene ancora con strumenti on prem, una percentuale destinata però a diminuire al 19% entro il 2023. Contemporaneamente, cresceranno i backup cloud-based, che entro i prossimi 2 anni diventeranno l’81% del totale (solo un 19% dei backup continuerà ad essere svolto con soluzioni on prem): in particolare, il backup-as-a-service passerà da un’attuale adozione al 29% fino a un 46% nel 2023.

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Anche il futuro del Disaster Recovery è in cloud

Per quanto riguarda le soluzioni di Disaster Recovery, pensate per fornire un supporto efficace in caso di incidente (con tutte le alternative del Cold DR, Warm DR e Hot DR)  le previsioni sono di una crescita dell’adozione, da un attuale utilizzo per il 44% delle aziende che fanno già ricorso (almeno in parte) al DRaaS, previsto passare a un 61% entro il 2023. Questo significa che non solo i dati saranno sempre più spesso residenti in cloud, ma anche che il servizio di DR sarà in prospettiva erogato in modalità SaaS.

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Quali sono i benefici di una soluzione di DR as-a-service?

Prima dell’avvento del cloud computing e delle modalità di acquisire l’IT self service via Internet, le soluzioni tradizionali DR erano basate su DR in locale o in sito secondario. Il DR locale o in configurazione di campus poteva non essere l’ideale in caso di disastri gravi legati a inondazioni, incendi o terremoti. Il DR in sito secondario (DR off site) è stato quindi anche richiesto come procedura più sicura da una serie di norme e standard di sicurezza, con costi però superiori legati all’utilizzo di un secondo datacenter.

Oggi l’emergere del cloud offre una soluzione ulteriore, in cloud pubblico o privato, gestito da service provider esterni, grazie alla realizzazione di servizi di backup, restore, DR. I vantaggi per le aziende sono numerosi: vanno dalla maggiore autonomia, scalabilità, servizi erogati tempestivamente senza dover attrezzare siti secondari, velocità dei test e del recovery. Attenzione va invece posta ad aspetti che possono diventare critici, come: maggiore dipendenza dalla rete; SLA standard decisi dai provider; localizzazione dei dati; costo aggiuntivo rispetto a quello di soluzioni di DR già presenti in azienda.

A cura di:

Elena Vaciago, @evaciago